GIUSEPPE VANNICOLA - Sonata patetica. - Milano, Libreria editrice nazionale, 1904.
p. 32
Questo libro non è un romanzo per quanto narri alcune vicende d'amore e di dolore di un uomo — non è un poema per quanto prenda in certe sue parti delle mosse di esaltazione immaginosa — non è filosofia per quanto contenga pensieri sulla vita e sulla morte, sulla felicità e sulla musica e sia tutto invaso da uno spirito schopenhaueriano.
Questo libro è qualcosa di meglio: è lo specchio di un'anima. Di un'anima che nella sua dolorosa solitudine è volta a volta amante di femmine, di musiche e di misteri, di santità e di peccato. Di un'anima modernissima, ricca di sensibilità e di analisi, capace d'innalzarsi nei cieli metafisici con uno smarrimento religioso e di curvarsi sulla terra, a frugare con mani crudeli le proprie debolezze e i propri morbi.
Io amo follemente questa specie di libri che ci fanno sentire una vita, al di fuori delle consunte categorie letterarie. E la vita di questo pensoso amatore di bellezze, di sinfonie e di chiostri non era degna soltanto di esser vissuta ma anche di esser conosciuta.
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